ProfughiTeatro del Legame

presenta

PROFUGHI

da un’opera inedita di Bertolt Brecht
    regia di Daniele Lamuraglia

 

Prima: Firenze, Teatro di Villa Strozzi, 2003

Presentazione

Profughi è tratto da un’opera non molto conosciuta di Bertolt Brecht, che egli scrisse nel periodo in cui fu costretto ad emigrare in vari paesi europei, a causa del suo rifiuto al nazismo.

Un intellettuale, Ziffel, ed un operaio, Kalle, dialogano sul destino dei paesi d’occidente, sfruttando paradossalmente quella posizione d’inattività alla quale i regimi imperanti li hanno costretti: la disoccupazione diventa contemplazione, e il loro dialogo di profughi un incontro platonico.

La verità scomoda alla Città non tarda a venire a galla, insieme a tutta la sua ironia. E la cosa più sconvolgente è che ci si dimentica quasi di essere prima della Seconda Guerra Mondiale: la critica alla società arriva talmente alla radice che supera il problema della violenza fisica (allora imperante), per giungere a quei meccanismi di creazione del consenso così raffinati psicologicamente che forse solo oggi si stanno pienamente realizzando. E che solo degli straordinari “psicologi” come Brecht potevano già intuire e delineare tanto limpidamente.

L’Intellettuale e l’Operaio, da due direzioni diverse ma in ottimo accordo, ribaltano tutti i luoghi comuni dominanti nella loro europa occidentale, e che stanno ancora alla base della nostra: l’Ordine (l’ordine e la meticolosità, ci fanno dimenticare l’assurdità dei fini), la Scuola (dovrebbe educare alla vendetta e al raggiro, solo in questo modo si è pronti ad entrare nel mercato del lavoro), l’Economia (gli uomini, hanno creato una economia tale che per abbracciarla tutta ci vogliono dei superuomini), la Cultura (“non ha proprio nulla a che fare con l’economia”), la Guerra (solo il totale allontanamento dei popoli potrebbe permettere una condotta di guerra ragionevole e il totale sfruttamento delle nuove armi), e perfino la Bontà, la peggiore di tutte le Virtù che la società ci ha prodotto e confezionato.

Ziffel e Kalle hanno due tonalità e gesticolari diversi, due prospettive sociali e culturali differenti, ma non sono che un’unica voce: quella di Brecht. Nel nostro spettacolo l’abbiamo appositamente trasformata in una chiaccherata fra più personaggi, una specie di “coro greco”, ma composto di profughi…